sabato 27 aprile 2019

Dal racconto al lamento

Ci sono occasioni in cui rispondere alla domanda "come stai?", quando dentro viviamo l'inferno, diventa deleterio per tutti.
Si rischia di raccontare cose che agli altri non interessano e li si obbligherebbe o ad ascoltarci (e a diventare cestini emotivi) o ad inventarsi scuse per interromperci.
"Oh cavoli..mi sono dimenticato questo importantissimo impegno..devo proprio andare!".

Raccontare agli altri le proprie sventure può diventare un delicato processo di autocommiserazione.
Inoltre non ci sarà mai soddisfazione.
Fateci caso.
Ci sarà sempre qualcuno che "eh cosa vuoi che sia..a me è capitato questo e quest'altro".
O ci sarà quello che "dai dai dai forza su su ora fai un sorriso però eh".
Chi cerca di sminuire o ridurre la dimensione dell'accaduto e chi cerca di ignorare la sofferenza emanata dal soggetto lamentante.
Ognuno ha la sua strategia.

Le ingiustizie fanno male e anche tanto.
Facciamo attenzione a come trattiamo la sofferenza altrui perchè un giorno potrebbe capitare anche a noi.
Il nostro bambino interiore di fronte alle ingiustizie si carica di rabbia e dolore.
Cerchiamo di non autodistruggerci implodendo o esplodendo in malo modo.
Non ho la soluzione lo ammetto.
Posso solo dire che se si torna a sorridere, come le fenici che tornano a splendere, allora ecco che abbiamo sviluppato un altro pochetto di resilienza.
E di amore per noi stessi.
Quando capita qualcosa di brutto l'importante è non prendersi in giro.
È finito il tempo dell'ipocrisia.
Ognuno ha il suo paio di scarpe e il suo viaggio da portare a termine.
L'accettazione di ciò che accade ci porta solo ad agire prima.
Ok è successo questo.
Ne prendo atto.
Ci sono soluzioni? Bene.
Non ci sono? Le trovo.
Bu bu bu e gne gne possono andare bene i primi momenti di shock.
Poi azione.
Parlo facile eh?
Ognuno ha i suoi traumi e i suoi tempi.
Prendiamoci cura del nostro inferno personale prima che diventi collettivo.
Possiamo farlo? Si dai, io dico di si.

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